Oggi parleremo dei motivi per cui, all’esito del gran premio americano, mi sono fermata a davanti al podio a cantare l’inno di Mameli.
Punto primo: perchè comunque la si metta, la vittoria di un Raikkonen è un fatto eccezionale, al giorno d’oggi. E’ un elemento di scompiglio nello logiche preordinate che vedono sempre sul gradino più alto del podio il top driver dei top team.
Punto secondo: perchè la vittoria di uno dei buoni. In giro per il mondo è facile incontrare chi “odia” Hamilton e chi “odia” Vettel. Per tanti che li odiano ce ne sono sicuramente altrettanti che li amano ma questa è un po’ il prezzo da pagare quando si sta ai vertici. Quando si vince c’è sempre qualcuno che avrebbe voluto veder vincere qualcun altro. Quando non si vince mai le cose sono un po’ diverse: nessuno ti odia e tutti sono in grado di condividere la felicità di quel momento. E poi, a parte al fatto che non vince mai, ormai Raikkonen è ufficialmente uno dei buoni. Uno dei faccioni pacciocconi, di quelli a cui tireresti un buffetto sulla guancia, andata ormai distrutta per sempre la sua facciata da bello e dannato della gioventù. Complimenti al PR Manager… o forse solo alla nuova moglie! Chi può dirlo? Uno che passa attraverso uno scandalo sessuale e ne esce (senza che di fatto si sia più saputo niente circa l’esito giudiziale di tutta la faccenda) come padre modello, marito modello, pilota modello e life coach delle nostre esistenze. Wow! In tutto questo c’è sicuramente del talento.
Punto terzo: perchè l’inno d’Italia resta, a mio parere, l’inno più bello del mondo. Nonostante la versione orrendamente alterata da podio e nonostante le facce paonazze dei popolo in rosso intento a sbraitare in apnea tutte le parole in fila fino al fatidico Olè. Olè che non c’è, che non ci sta, che potrebbe essere un insulto a tutto quello che segue e che precede, ma facciamo finta di sì.
Punto quarto: perchè fin troppe volte ho alzato la bandiera del #freeKimi che sarebbe ipocrita da parte mia non andare fino in fondo gioendo per la soddisfazione di vedere Kimi finalmente sul gradino più alto del podio.
Punto quinto: nostalgia canaglia. In fondo è tutta una questione di maledetto narcisismo: tornare a vederlo vincere è come togliermi 10 anni dalle spalle. Un po’ come tornare, anche se solo per un paio d’ore, anche se solo nella mia testa, ai miei deliri di gioventù, ai tempi in cui raccoglievo i quotidiani gratuiti alla fermata della metro per ritargliare le sue foto e attaccarle dentro ai miei quaderni.
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