venerdì 15 maggio 2020

Monaco 2010 - Gara

Monte Carlo, anno 2010 e la griglia di partenza sembra più stretta e affollata che mai. Mark Webber, nell’anno in cui si credeva che tutto fosse ancora possibile, è in pole position. Al suo fianco Robert Kubica, mentre Alonso è pronto a scattare dalla pit lane. Magnificamente in quel momento storico in testa al campionato figurava il nome di Jenson Button con ben tre punti di vantaggio su Alonso e 10 su Vettel, situazione che avrebbe bisogno di un analisi decisamente più approfondita per capire davvero tutto ciò che non è potuto accadere nella seconda metà della stagione di quell’anno per aver completamente stravolto le carte in tavola.
WEB KUB VET MAS
Alla partenza le due Red Bull si comportano meglio di tutte le altre. Kubica può solo accodarsi e Massa dietro di lui. Il trambusto non tarda ad arrivare. Già al primo giro Hulkenberg è autore di un incidente in galleria, scontra un guard rail, fa scintille, la vettura arranca finché non vede la luce e lo abbandona lì. Safety car in pista mentre Alonso prova a giocare d’anticipo rientrando già per la prima sosta ai box. La McLaren di Jenson Button non la prende benissimo, improvvisamente inizia a dar mostra di sé con una vistosa fumata bianca e al pilota inglese non resta da fare altro che abbandonarla al ciglio della strada e tornare ai box a piedi. Un minuto di silenzio per i potenti mezzi monegaschi impegnati a portar via la vettura di Hulkenberg a braccia.
WEB VET KUB MAS
Inevitabilmente per liberare la pista ci vuole un’eternità. I piloti possono tornare a gareggiare solo all’alba del settimo giro quando Alonso è già in 20esima posizione ed inizia a cimentarsi nella scalata al successo. La particolare conformità della pista porta inevitabilmente la Ferrari di Alonso ad incastonarsi in mezzo al traffico, incastrato tra vetture che avrebbero probabilmente la metà del potenziale della sua ma che risultano comunque difficilmente sorpassabili, soprattutto perché sei a Montecarlo, soprattutto perché sei Alonso, inevitabilmente se non sai sorpassare. Inveisce contro una Virgin, gesticola come un taxista polacco, dal muretto gli trasmettono team radio dalla dubbia sintassi del tenore di “Let stay calm!”, “Well done, We are looking good in the strategy” perché il poverino ha bisogno di qualcuno che gli tenga la mano.
Là davanti le cose non vanno bene per nessuno, Webber, Vettel e Kubica hanno abbastanza ritardo tra di loro da scongiurare qualsiasi ipotesi di competizione, mentre Hamilton si avvicina minacciosamente al posteriore di Felipe Massa e pretenderebbe forse di lottare per la quarta piazza. La verità è che non ci riesce e dopo qualche tentativo viene richiamato ai box sperando di fare con la strategia quello che apparentemente non riesce di fare in pista. A spanne, questa strategia ha molti margini di criticità, primo fra tutti il fatto che, una volta tornato in pista, si ritrova davanti ad Alonso in 15esima posizione.
Siamo al 20esimo giro quando anche il resto dello schieramento inizia a valutare l’ipotesi di rientrare. Inevitabilmente la strategia McLaren ha dimostrato la sua fallibilità, Massa gli si piazza ancora una volta davanti con l’ulteriore aggravante di essere ora entrambi incastonati nel traffico a metà dello schieramento.
Anche i pit delle due Red Bull non sono in grado di agitare straordinariament le carte in tavola, salvo per il fatto che il loro rientro in pista va a porsi a cavallo di Nico Rosberg, non ancora rientrato per la propria sosta, galvanizzato dalla situazione impegnato a marcare giri veloci su giri veloci, nonché a dare filo da torcere a Webber che, dal canto suo, vorrebbe solo potersi godere la propria prima posizione.
Nel frattempo la Virgin di Glock implode e deve essere condotta verso una dolce e serena morte. Intorno a lui sventolano bandiere bianche per segnalare il pericolo, poi finalmente una via di fuga dove abbandonare la carcassa e che riposi in pace. A strettissimo giro segue anche il ritiro di Di Grassi, sull’altra Virgin, per ottimizzare le spese di trasferta.
Tutto quel brio di Nico Rosberg si rivela non avere effettiva giustificazione nel momento in cui, rientrato per anche lui per la sosta ai box, si ritrova in ottava posizione, dietro al suo stesso compagno di squadra.
Siamo al 30esimo giro in pista e Alonso è giunto fino alla sesta posizione ma con lo zio Mickey alle calcagna, zio Mickey che è tanto buono e caro ma che mica si è dimenticato come sono andate le cose l’ultima volta che hanno concluso contemporaneamente una stagione.
L’entusiasmo viene inevitabilmente bloccato sul nascere nel momento in cui è richiesto un nuovo intervento della SC a causa del maldestro incidente di Barrichello, costretto ad abbandonare il veicolo nel bel mezzo della carreggiata.
Barrichello, che delizioso destino il suo. Una carriera donata alla causa, ogni ogni possibilità di gloria impeditogli negli anni in cui vestiva la casacca col logo del cavallino e un altra buona fetta della propria carriera a dividere gioie e dolori a bordo di una Honda particolarmente umorale al fianco di Jenson Button. Arriva l’avventura Brown GP, vengono invitati entrambi a bordo della barca che affonda e, miracolosamente, quella zattera scalcinata si rivela essere uno Yacht degno di ancorarsi alla banchina più lussuosa del porto di Monte Carlo. Vincono e trionfano e, improvvisamente, anche quel giovanotto impenitente al suo fianco sembra essere intenzionato a vincere più di lui. Gli mette i piedi in testa, ma solo metaforicamente, i rapporti tra i due sembrano apparentemente essere rimasti inalterati nella speranza dell’arrivo dell’ora del riscatto che, a conti fatti, non è mai arrivata. La Brawn GP ha chiuso i battenti ancor prima di festeggiare il proprio compleanno, dalle sue ceneri nasce l'odierna Mercedes dove hanno preferito ripartire da zero con uno schieramento che avrebbe addirittura del comico se non fosse che vede rientrare in pista il nemico giurato dei suoi anni d’oro, quel Michael Schumacher dal quale starebbe ancora aspettando di riscattarsi e, mentre Jenson Button ha avuto modo di trovare il proprio spazio in un top team (anche se potremmo risparmiarci per un attimo l’infausto epilogo) a lui non è restato altro da fare che riciclarsi in una Williams da seconda fila perenne.
Ma dicevamo. Barrichello perde il controllo della sua vettura, finisce in testacoda, colpisce il guard rail e rimane bloccato in mezzo alla strada. Lancia il volante che viene preso in pieno dal primo che gli sfreccia a fianco scartandolo per miracolo. Questo ciocco probabilmente gli costerà l’intero cachet annuale. Scende mentre la vettura inizia a prendere fuoco e uno sciame di tecnici inizia ad affollare la pista per risolvere il casino. Safety car per gestire l’inevitabile inconveniente di avere una vettura che fa da ostacolo in carreggiata.
WEB VET KUB MAS
A soli 10 giri di distanza, nuova SC in pista. Siamo al 43 esimo giro e virtualmente parte un appello tra i piloti per capire chi c’è e chi manca. Lui c’è, quello c’è, l’altro pure… ma allora questa SC? Gioie e dolori di un circuito cittadino: è saltato un tombino alla curva tre. Un paio di giri per risistemare le condizioni della pista, per rovinare le strategie in gara, per obbligare i piloti a ricominciare da capo quello che stavano facendo e la gara può ricominciare.
Ancora una volta WEB VET KUB MAS
In fondo qua nessuno ha visto per davvero un tombino volare o qualcuno andare ad aggiustarlo. La verità è che ciclicamente è necessario far rientrare la SC solo per ricordarci di essere a Monaco. Anche perché a 20 giri dalla conclusione potrebbe tranquillamente affermarsi che dall’inizio della gara non sia ancora successo niente di particolarmente emozionante. Fatta eccezione per Alonso, che partendo due passi più indietro rispetto all’ultima piazza non aveva molte altre possibilità, le posizioni sono sostanzialmente congelate da quel momento. Unica differenza di gioco possono forse incominciare a pensare di poterla fare le condizioni degli pneumatici visti di diversi tempi in cui sono state fatte le varie soste ai box, ma non sono l’unica ad aver ormai perso ogni speranza a questo riguardo.
Le speranze tracollano definitivamente quando a tre giri dalla conclusione Trulli e Chandock lasciano il mondo con il fiato sospeso per almeno una manciata di secondi. In un maldestro tentativo di sorpasso la Lotus di Trulli decolla, passa sopra a quella di Chandock prima di prendere fuoco. Vediamo Chandock mettersi le mani sul casco e quantomeno desumiamo sia ancora vivo. Alla fine tutto bene quel che finisce bene: entrambi scendono con le proprie gambem, Chandock ha ancora la testa agganciata al resto del corpo, mentre la Safety Car scende in pista per l’ennesima ultima volta. I marshall cercano di disincastrare le due vetture a braccia anche se a questo punto avrebbe più senso concludere la gara due giri prima. Petrov sembra quasi non più disposto a stare a questo gioco al massacro, rientra ai box e mentre i meccanici iniziano a trafficare con la vettura lui si toglie i guanti. Con veramente poca sorpresa sul vincitore.
L’ultima zampata del guerriero viene messa in campo da Schumacher all’ultima curva. La SC viene infatti fatta rientrare due curve prima della bandiera a scacchi lasciando i piloti liberi di tentare un’ultima azione prima sull'ultimo rettilineo. Il caro zio Schumacher non se lo lascia dire due volte: mira al posteriore di Alonso e non gli lascia il tempo di rifletterci su più di tanto. Un gesto di coraggio da parte del vecchio leone che, tuttavia, non viene ben accettato dai piani alti. Pur vedendo Schumacher chiudere la gara in sesta posizione, è la storia a ricordarci che proprio per quell’azione, ritenuta troppo pericolosa, Schumacher è stato sanzionato e, per questo motivo, retrocesso sino alla 12esima posizione. In cuor mio non posso che esserne delusa anche perché conoscendo Schumacher possiamo dire di aver visto ben altro uscire dal proprio stile di guida e, in ogni caso, facendo rientrare la SC una curva prima della bandiera a scacchi che cosa si aspettavano che accadesse?
Chris Horner corre in zona podio a spupazzarsi i propri pupilli, prima l’uno e poi l’altro. I due giungono a stringersi la mano ma solo dopo una lunga pausa di riflessione, dopo aver visto Mark Webber (che non è certo alla sua prima vittoria ma in carriera ma c’è poco lontano) festeggiare come se avesse vinto alla lotteria della vita, quando ormai il momento diventa inevitabile prima di salire sul podio. Nei secoli fedele il Principe Alberto, un po’ meno intortellinato di quanto non sia diventato ora, ancora privo di Principessa piangente al suo fianco. Tutto ciò è davvero molto commovente… ma tutto questo davvero ancora non basta per capire l'inutilità del Gran Premio di Monaco?

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