giovedì 29 gennaio 2015

2015 - McLaren


Jenson Alexander Lyons Button - n. 22 - Nato a Frome il 19 gennaio 1980
Fernando Alonso Díaz - n. 14 - Nato a Oviedo il 29 luglio 1981
Era il 2002, 13 anni fa, e per la prima volta che le strade di Alonso e di Button si incrociarono. Jenson aveva già trascorso due stagionin in Formula 1, a fortune alterne. Nel 2000, su Williams, accumulò un buon numero di ritiri ma, nonostante tutto, concluse la stagione entro la 10° piazza in classifica generale. Nel 2001, dopo un passaggio in Benetton, le cose andarono decisamente peggio: 2 soli punti iridati e tanta voglia di suicidarsi. L'anno successivo la Benetton venne acquistata dalla Renault e, insieme alla Renault, arrivò anche Alonso. Fernando debuttò l'anno prima in Minardi: le cose non andarono affatto bene. Forse all'orecchio non aveva ancora la vocina soave di Andrea Stella che gli ricordava di essere il miglior pilota degli ultimi 150 anni, ma nell'intera stagione non raccolse neanche un misero punticino... e si ritrovò a fare la terza guida, la ruota di scorta, il terzo incomodo tra Button e Trulli
Ciò che ne seguì è noto a tutti. Nel 2003 Alonso uscì da sotto l'aluccia protettiva dell'amico Flavio e si insidiò al posto di Button... mentre questo traslocò, senza successo alcuno, in BAR, o giù di là.
Ora ditemi, quanti piloti, dopo essere stati accasati un anno hanno davvero la possibilità di tornare in pista? Mi viene in mente Liuzzi, deformazione professionale. Quanti hanno la possibilità di farlo con un auto degna di questo nome? Quanti, in men che non si dica sono riusciti a tirare giù dal trono il settevoltecampionedelmondo, leader indiscusso di ogni record in pista e fuori pista, ed a mettersi al suo posto? Lui, botta di fortuna dopo botta di fortuna, mistero irrisolto dopo mistero irrisolto, senza che si sia capito da che parte fosse passato... lì, su due piedi, ma non senza destare clamore, divenne il duevoltecampionedelmondo più giovane della storia, record che comunque durò poco. Ciao Vettel
Certo ormai di essere pronto per entrare nei guinnes dei primati di tutti i luoghi, tutti i laghi e tutto l'universo, peccò di superbia. Giocò ai separati in casa con l'amico Flavio, mollò la Renault ma non si separò mai da lui dal punto di vista manageriale, e traslocò in McLaren per arrivare là, dove nessuno era mai giunto prima. Purtroppo, lì incontrò un certo Lewis Hamilton. Il piccoletto (anche se una spanna più alto di lui, così come succede sempre quando si ha a che fare con le nuove generazioni) gli diede filo da torcere, non abbassò mai la testa davanti a sua Maestà e, intenti in una eterna lotta a chi lo avesse più lungo, dopo numerosissimi gesti di alta sportività (ogni riferimento alle qualifiche del Gran Premio d'Ungheria è puramente casuale, forse), mandarono in malora entrambi i loro sogni di gloria e Raikkonen, il pilota globabilmente riconosciuto come il più sfortunato della storia, raccolse felicemente i cocci. Ciao Raikkonen
Certo di aver subito un torto, Alonso tornò così piangendo da papà Flavio, ormai caduto in disgrazia dopo aver affidato la vettura alle sapienti mani di Fisichella. Papà Flavio, pur di rendere felice l'amato pargolo gli promise che sarebbe potuto tranquillamente tornare a vincere e che lo avrebbe fatto prima del previsto... ed anche se la vettura che portava sotto il sedere aveva scarsissimo potenziale (e neanche l'arcinota fortuna alonsiana sembrava essere in grado di risollevarne le sorti) le studiò tutte per riuscire a mantenere la promessa. Ciao Piquet Jr
Esaurite le seconde guide disposte a sfondarsi il cranio contro il muro pur di soddisfare il capo, fu subito chiaro a tutti che non sarebbe stato possibile andare avanti così ancora a lungo. Seguì quindi il periodo di rosso vestito.
Negli stessi istanti in cui Alonso giurava e spergiurava che mai sarebbe andato in Ferrari, che ogni voce a riguardo è solo una chiacchiera senza fondamento e che non erano stata posta in essere neanche una trattativa con il team italiano, Button, miracolosamente, usciva dalle ceneri che avevano ricoperto mestamente la sua carriera sino a quel momento.
Da quando aveva mollato Briatore e tutto la compagnia cantante Renault le cose andarono avanti a fortune alterne. La BAR, a tratti, risultò anche un team discretamente competitivo. In quel periodo arrivarono quindi i primi podi (2004) e nel 2006, in Ungheria, la prima vittoria. Nel 2007 il team, nel frattempo trasformato in Honda, crollò nel baratro e il destino di Button con lui. 
Poi giunse il 2009 e Button dovette ringraziare la buona stella di averlo piazzato nel posto giusto nel momento giusto. Proprio mentre Piquet si stava accingendo a prendere a capocciate in favore del prestigioso collega, Button si trovava in mobilità. La Honda si ritirò dalla Formula 1 dopo una penosta stagione 2008 e il sig. Brown, dopo aver tirato su una vettura senza troppi se o troppi ma,  dovette accontentarsi degli unici due piloti a piede libero a quel punto della storia: lui e Rubens Barrichello. Neanche loro ancora sanno come hanno fatto ma, la Brown GP vinse, vinte tanto. Anzi, vinse un po', quel po' che bastò, alla fine della stagione, a Button di vincere il titolo di campione del mondo e a Barrichello di aggiudicarsi la insolita medaglia di ruota di scorta. Roumors dicono che buona parte della ragione per cui la Brown fallì miseramente alla fine della stagione, nonostante la vittoria di tutto ciò che si potesse vincere, fu il pagamento dello stipendio di Barrichello. Certi delle ottime probabilità che avevano di rimanere in pista senza sbullonarsi prima della bandiera a scacchi gli fu confezionato un contrattino ad hoc: pagamento a punti. Più punti, più soldi. Niente punti, niente stipendio. Chi lo avrebbe mai detto che Barrichello sarebbe stato veramente in grado di competere per il titolo? 
Che le sorti della Brown siano state segnate dall'inspiegato talento di Barrichello o meno, le cose andarono comunque così: la Brown dopo una sola stagione di successi chiuse i battenti. Si trasformò in Mercedes ed i due piloti traslocarono. Quello col titolo mondiale in tasca e spendibile per fare le fotografie venne promosso in McLaren... mentre l'altro si accontentò di una Williams dalle discutibili potenzialità. 

Cinque anni dopo... siamo qui. Siamo qui a fissare quella che si promette essere la nuova era ed a domandarci se sarà veramente così. I toni con cui si sono lanciati sono ovviamente, inevitabilmente zeppi di ottimismo ed entusiasmo... ma a cosa ci stiamo trovando davanti? 1) Alla voglia di giocare forte... ma stare sul sicuro. In primis la scelta dei volti da portare in pista quest'anno la dice lunga: due piloti esperti - che sanno sicuramente il fatto loro - sui quali spendere... ma non investire. Grazie ai quali tentare di sfondare a colpo secco, senza lasciar maturare i tempi. 2) Alla voglia di colpire con effetti speciali... ma non troppo. Nuove partership, nuovi sponsor, ma vecchio stile. Una gamma di colori sempre oscillante tra il nero, il grigio ed il colpo di rosso, come se ancora ci fossero tra i piedi Mercedes e Vodafone a dettar legge. 3) Addetti alla fotografia... con seri disturbi della personalità. Già, di per se, mettere ai due sventurati uno sfondo nero, non mi pare la migliore delle strategie: l'immagine è cupa, la foto è in ombra, i volti quasi non si notano. E l'idea di mettere i due piloti in piedi spalla a spalla quando uno dei due è chiaramente più basso dell'altro di una spanna? Cavolo: prendete la bella vettura che state presentando, fate sedere almeno uno dei due su una ruota e fatela finita! 4) Questo. E Per questo intendo... questo:
 
Una roba che non riesco a smettere di guardare e riguardare con la stessa maniaca ed inspiegabile amore per il torbido con cui in macchina non si riesce a distogliere lo sguarda da qualsiasi besta spiaccicata per strada. Ho già visto il web in subbuglio, chi ne parla a meraviglia, chi chiederebbe, quantomeno ad uno dei due protagonisti, di limitarsi a guidare e lasciar perdere certe cose. Io devo ancora rimettere in sesto i pensieri, ma, a parte tutto, Lewis, is that you? Geni! 

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